Gli anni ‘80 vedono in Brasile il permanere di una feroce dittatura militare sostenuta e finanziata dagli USA nell’ambito dell’Operazione Condor che ha seminato in America Latina dittature militari e milioni di vittime innocenti.
Proprio in questo decennio però germoglieranno le piante che distruggeranno nella maggior parte del continente queste feroci macchine di fame e morte, portando molti paesi sulla strada della democrazia.
Uno degli eroi del dissenso “legale” in Brasile, terra del calcio e del samba, fu un giocatore di calcio, Socrates.
Nacque nel 1954 a Belém, nel Parà, all’estremo Nord del paese, anche se si trasferì quasi immediatamente a Riberão Preto, vicino San Paolo, per motivi economici.
Suo padre, uomo di sinistra molto colto e che anche sotto la dittatura militare non rinunciò mai alla sua fede politica, diede al figlio il nome Socrates in onore del famoso filosofo greco.
Nonostante il talento calcistico eccezionale, il pallone ricoprì per un certo periodo della sua vita,grazie all’enorme influenza del padre, un ruolo secondario dato che diede sempre maggiore importanza alla cultura, cosa che da un lato gli fece iniziare piuttosto tardi una carriera calcistica ad alto livello ma dall’altro gli permise di laurearsi in medicina.
In virtù della sua laurea, infatti, si guadagnò il soprannome di “O Doutor” da affiancare a “O calcanhar que a bola pediu a Deus”.
La sua carriera calcistica inizia nel modesto Botafogo-SP ma presto otterrà la chiamata di uno dei più prestigiosi club paulisti e brasiliani, il Corinthians.
Questo club, come il Flamengo a Rio, è tifato prevalentemente dai ceti popolari di San Paolo ed è associato ad eroi della sinistra brasiliana come il guerrigliero Marighella che venne assassinato di ritorno da un Corinthians x Sao Paulo.
Calcisticamente era un fenomenale leader del centrocampo.
Intelligenza calcistica fuori dal comune, tocco elegante, discreto goleador e grande assistman.
Tutto questo straordinario bagaglio tecnico gli permise di sopperire alla poca prestanza atletica che pagò caro nella sua breve parentesi italiana a Firenze.
Tra il 1978 e il 1984 giocò con il Corinthians e di questo periodo possiamo distinguere due aspetti del fenomeno Socrates, uno puramente calcistico ed uno politico.
Il primo aspetto portò il Timão alla vittoria in tre edizioni del prestigioso campionato paulista nel 1979, 1982 e 1983.
In quella formazione spiccavano per talento giocatori come Casagrande (che in Italia ricordiamo per le splendide stagioni con le maglie dell’Ascoli e del Torino di Mondonico, dove fu protagonista della cavalcata europea dei granata conclusasi con la sconfitta nella “Partita della sedia di Mondonico” contro l’Ajax di Louis van Gaal), Wladimir, Biro Biro, Zenon e Palhinha.
A livello personale realizzò 172 reti in 300 partite e si guadagnò la chiamata della Seleção con cui giocò i mondiali del 1982 e del 1986 e le edizioni del 1979 e del 1983 della Coppa America.
Con la nazionale raggiunse il suo apice con la partecipazione ai mondiali del 1982 in Spagna dove, con una nazionale piena di fuoriclasse, venne eliminato dall’Italia futura vincitrice del torneo.
Alla guida della nazionale c’era il leggendario Tele Santana che ebbe la sua rivincita vincendo tutto qualche anno più tardi alla guida del Sao Paulo, squadra in cui giocò il fratello di Socrates, Raì.
Il secondo aspetto invece è puramente politico dicevamo.
Nel 1981, dopo una stagione fallimentare e un senso di delusione fortemente diffuso tra i tifosi, venne eletto un nuovo presidente alla guida del club, Waldemar Pires.
Il suo primo atto fu quello di nominare il sociologo comunista Adílson Monteiro direttore tecnico della sezione calcistica.
Il nuovo direttore, Socrates e i giocatori di sinistra del club decisero che era necessario un radicale cambio nella gestione della squadra, una cambiamento rivoluzionario che doveva rispecchiare in piccolo un cambiamento che doveva avvenire anche nella società brasiliana.
Sino ad allora le squadre brasiliane erano state organizzate e gestite nella stessa maniera militaresca e fascista che dominava tutti gli aspetti e i settori della società.
I giocatori erano succubi dei presidenti delle squadre che facevano il bello e il cattivo tempo con i loro cartellini, usandoli come strumento di propaganda per le loro elezioni per poi buttarli in un angolo dopo la loro vittoria.
Questi erano inoltre costretti a ritiri militareschi prima di ogni partita del campionato, dove venivano indottrinati politicamente.
Infine ricevevano uno stipendio da fame che poteva essere compensato solamente dai premi partita che costringevano a mostruosi sforzi fisici i giocatori che così facendo logoravano il loro fisico, logoramento che portò a frequenti ritiri prematuri.
Il cambiamento portò importanti modifiche a tutto ciò.
Venne introdotta a tutti i livelli l’autogestione, ogni decisione doveva essere discussa e approvata democraticamente.
Ad ogni persona corrispondeva un voto, sia esso stato il presidente o un semplice magazziniere.
Seguendo questo modus operandi, al grido di slogan come “Libertà con responsabilità” o “Vincere o perdere, ma sempre con democrazia”, vennero aboliti i ritiri, vennero decisi gli orari degli allenamenti, la formazione e la campagna acquisti e cessioni.
Nacque in questo modo la Democracia Corinthiana, un fulmine a ciel sereno che diede il suo contribuito alla transizione verso la democrazia del Brasile.
Tutto venne fatto nel pieno della dittatura militare e con la stampa nazionale completamente contro e nonostante tutto, tra un gol di Socrates celebrato a pugno chiuso ed un altro, l’autogestione funzionò e regalò due titoli al Corinthians e risanò perfino i debiti del club.
Nell’ultima parte di vita di questo ambizioso progetto, la squadra usò degli sponsor sulla maglia con slogan inneggianti alla democrazia e si batté con forza per far vincere la proposta dell’elezione diretta del presidente e non attraverso il parlamento, come avrebbero voluto i generali.
Quest’ultima battaglia, condotta in prima persona da Socrates affianco al futuro presidente e tifoso del Corinthians Lula, venne persa e “il Dottore”, uomo di parola visto che legò il suo futuro calcistico all’esito di questa votazione, decise di lasciare il Brasile per andare a Firenze.
Finiva così la Democracia Corinthiana, modello autogestionario mai più ripreso da nessuna squadra calcistica sino ad oggi.
Sbarcato a Firenze si disse ansioso di poter leggere in italiano Gramsci ma il feeling con il nostro campionato non sbocciò mai e fece ritorno in Brasile, a Rio, sponda Flamengo.
Dopo il suo ritiro calcistico esercitò la professione di medico e sostenne sempre attivamente ma criticamente il PT ed espresse la sua ammirazione per il presidente venezuelano Chavez, rimanendo quindi sempre fedele al suo ideale socialista democratico.
Malato da tempo per colpa degli effetti di uno dei suoi tre vizi, l’alcool, morì il 4 dicembre 2011, giorno in cui il suo Corinthians vinse il campionato brasiliano, rispettando ironia della sorte uno dei suoi ultimi desideri, morire nel giorno
in cui la sua squadra si laureava campione del Brasile.
— Bollettino Culturale
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